Indagini per Aliunde Perceptum
La locuzione latina “aliunde perceptum” è traducibile letteralmente dal latino all’italiano con le seguenti parole: “Percepito altrove o da un’altra persona”.
Nell’ambito del diritto del lavoro, si fa riferimento all’aliunde perceptum in relazione alla fattispecie del licenziamento illegittimo. In caso di licenziamento illegittimo, infatti, dall’ammontare del risarcimento del danno spettante al lavoratore ingiustamente licenziato, dovranno essere decurtate tutte le retribuzioni che il lavoratore (ingiustamente licenziato) ha percepito dagli altri datori di lavoro con i quali abbia instaurato rapporti di lavoro successivi al licenziamento.
Detto in altri termini, l’art. 18 della L. 300/1970 (c.d. Statuto dei Lavoratori), stabilisce che in caso di licenziamento dichiarato con sentenza inefficace o invalido, il datore di lavoro, oltre alla reintegra nel posto di lavoro, è obbligato a versare al lavoratore “un’indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello della effettiva reintegrazione“, inoltre tale risarcimento “non potrà essere inferiore a cinque mensilità di retribuzione globale di fatto“. In base a tali statuizioni quindi, il datore di lavoro che licenzia illegittimamente un dipendente dovrà: corrispondere al lavoratore tutte le retribuzioni dal giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione.
Giova evidenziare però, che il risarcimento consistente nel versamento di tutte le retribuzioni dal giorno del licenziamento a quello della reintegrazione può, in alcuni casi, essere ridotto. Tale riduzione è possibile, infatti, quando: il lavoratore illegittimamente licenziato – nel corso del giudizio – ha trovato una nuova occupazione per la quale ha percepito la relativa retribuzione (c.d. aliunde perceptum), oppure quando, il lavoratore non si sia impegnato abbastanza a trovare una nuova occupazione (c.d. aliunde percipiendum).
Nel primo caso (aliunde perceptum), per la riduzione dell’importo del risarcimento (pari a tutte le retribuzioni maturate dal giorno del licenziamento sino a quello della effettiva reintegrazione) il datore di lavoro dovrà dimostrare che il dipendente – durante il periodo di interruzione del rapporto – ha trovato una nuova occupazione per la quale ha percepito i relativi redditi da lavoro subordinato (o autonomo).
Nel secondo caso (aliunde percipiendum), il lavoratore, dopo l’illegittimo licenziamento è tenuto ad attivarsi per trovare una nuova occupazione, poiché – come stabilito dall’art. 1227, 2° co., c.c., il risarcimento è escluso per i danni che si potevano evitare con l’ordinaria diligenza. Quindi, laddove venga dimostrata l’inerzia del lavoratore nel cercare una nuova occupazione nelle more del giudizio, il datore di lavoro potrà richiedere la riduzione dell’indennità risarcitoria prevista dall’art. 18 St. Lav..
La giurisprudenza della Sezione Lavoro della Cassazione è oramai consolidata nel ritenere che, ai fini della quantificazione del danno provocato da un licenziamento illegittimo, occorre valutare l’aliunde perceptum. (sentenze 16 maggio 2005, n. 10155, 26 ottobre 2010 n. 21919, e, più di recente, 11/2/2013 n. 3181/2013 e, 16/07/2013 n° 17370).
Un’azienda che sta affrontando un contenzioso di lavoro per licenziamento illegittimo, promosso da un ex dipendente, può quindi verificare se quest’ultimo, a partire dal periodo successivo all’interruzione del rapporto di lavoro, abbia prestato o, continua a prestare, attività lavorativa in favore di altre imprese, eventualmente anche in forma non ufficiale (ovvero in nero).
Spetta, infatti, al datore di lavoro dimostrare che il lavoratore licenziato ha percepito o avrebbe potuto percepire somme di denaro, così come ribadito dalla giurisprudenza anche in una recente sentenza nella quale ha affermato che “l’onere della prova relativo all’aliunde perceptum e all’aliunde percipiendum compete al datore di lavoro, posto che la circostanza che il lavoratore ingiustamente licenziato abbia, nelle more del giudizio, lavorato e percepito comunque un reddito rappresenta un fatto impeditivo della pretesa attorea e deve di conseguenza essere provato da colui che lo eccepisce, non da chi invoca il risarcimento, in applicazione del generale precetto di cui all’art. 2697 cod. civ.” (Cass. Civ., 17 giugno 2020, n. 11706).
Diventa pertanto fondamentale in questi casi rivolgersi ad un’agenzia investigativa per verificare, ed eventualmente provare, se l’ex lavoratore abbia svolto o stia svolgendo altra attività lavorativa remunerata, eventualmente in forma non ufficiale, nonché per appurare il quantum dei redditi percepiti da quest’ultimo nel periodo successivo all’interruzione del rapporto di lavoro con l’azienda stessa.
Lo scopo per l’azienda sarà appunto quello di determinare l’aliunde perceptum, per poter tutelare i propri interessi in sede giudiziaria. L’azienda, a fronte delle prove emerse dalle indagini, potrebbe così ottenere la riduzione delle richieste risarcitorie presentate dall’ex dipendente.

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