Nell’ambito dei cosiddetti permessi legge 104, riposarsi non è illegittimo, o meglio, non è illegittimo utilizzarli anche per consentire al dipendente di riprendersi dalle ore passate ad assistere il familiare con problemi di salute. A stabilirlo è stata una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 30676 del 27 novembre 2018, che ha voluto sottolineare, ancora una volta, come il concetto di assistenza non possa essere interpretato in senso restrittivo limitatamente alla sola attività di accudimento.

Permessi legge 104: la gestione del tempo

Nel caso oggetto della sentenza, è stato respinto il ricorso di un datore di lavoro che aveva accusato il proprio dipendente di aver utilizzato in maniera impropria i permessi 104 per assistere la madre disabile. I giudici hanno stabilito la reintegra e il risarcimento in favore del dipendente licenziato.

Già nel 2016, la Corte di Cassazione si era espressa in materia di gestione del tempo, affermando che il lavoratore che chiede i permessi della legge 104 “è libero di graduare l’assistenza al parente secondo orari e modalità flessibili che tengano conto, in primis, delle esigenze dell’handicappato; il che significa che nei giorni di permesso l’assistenza, sia pure continua, non necessariamente deve coincidere con l’orario lavorativo, proprio perché tale modo di interpretare la legge andrebbe contro gli stessi interessi dell’handicappato” (Cass. sent. n. 4106/2016).

L’assistenza al disabile non deve, inoltre, essere intesa in senso restrittivo ma può comprendere anche commissioni di vario genere purché svolte nell’interesse dell’assistito (Cassazione, sentenza n. 23891/2018).

Permessi 104: il riposo è ammesso?

Nella più recente sentenza, la Corte di Cassazione ha, dunque, affermato che non è possibile licenziare un lavoratore che intende fruire dei permessi 104 per riposarsi o per dedicare parte delle ore per il ristoro psico-fisico. E questo perché gli ermellini hanno inteso estendere il concetto di assistenza familiare. Infatti, le giornate di esonero possono essere utilizzate per svolgere attività legate all’assistenza anche in senso lato. Si legge nella sentenza: ”la Corte territoriale ha valutato in concreto la riferibilità delle attività svolte dalla lavoratrice, come accertate nel giudizio, alla cure ed assistenza della madre disabile anche considerando ed escludendo l’utilizzo dei permessi e congedi ”in funzione meramente compensativa delle energie impiegate dal dipendente per la detta assistenza” .

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