In una recente ordinanza della Sezione Lavoro (n. 16429 del 21 giugno 2018), la Corte di Cassazione si è pronunciata in merito alla relazione tra aliunde perceptum e attività libero professionale nella circostanza del licenziamento illegittimo.

La Suprema Corte ha infatti chiarito che, in caso di licenziamento illegittimo, al lavoratore può essere riconosciuto un risarcimento pari alla retribuzione globale che di fatto avrebbe dovuto percepire dalla data della rottura del rapporto di lavoro fino alla reintegra, con la detrazione di quanto percepito altrove (aliunde perceptum per l’appunto) derivante dall’attività libero professionale svolta nel periodo successivo al recesso.

Nell’ambito del diritto del lavoro, si fa riferimento all’aliunde perceptum proprio in relazione alla fattispecie del licenziamento illegittimo. In questo caso, infatti, dall’ammontare del risarcimento del danno spettante al lavoratore ingiustamente licenziato potranno essere decurtate le retribuzioni che il lavoratore ha percepito da altri datori di lavoro con i quali abbia instaurato rapporti successivi al licenziamento. La pronuncia sopra citata, entrando nel merito, va a stabilire cosa può accadere quando tali retribuzioni derivino, invece, da attività libero professionale.

Nel caso specifico, sia la sentenza di primo grado che quella di appello, nel determinare il risarcimento dovuto al lavoratore illegittimamente licenziato, avevano disposto la detrazione del compenso per l’attività libero professionale quale aliunde perceptum, “sul presupposto che la stessa fosse giuridicamente incompatibile con il lavoro subordinato”.

Il lavoratore, nel suo ricorso per Cassazione, aveva sul punto eccepito l’esistenza di una contraddizione tra l’illegittimità del licenziamento e l’impossibilità per lo stesso di effettuare anche attività libero-professionale. Ma la Suprema Corte ha respinto il ricorso precisando come la Corte d’Appello si fosse pronunciata sulla questione della compatibilità dello svolgimento dell’attività libero professionale col rapporto di lavoro subordinato non ai fini della giusta causa di bensì in relazione all’aliunde perceptum.

Ma perché un’azienda dovrebbe in questi casi rivolgersi ad un’agenzia investigativa?

Un’azienda che sta affrontando un contenzioso di lavoro per licenziamento illegittimo può quindi verificare se l’ex dipendente, a partire dal periodo successivo all’interruzione del rapporto di lavoro, abbia prestato o continui a prestare attività lavorativa in favore di altre imprese, come libero professionista o persino in forma non ufficiale (vale a dire in nero).

Diventa pertanto fondamentale in questi casi rivolgersi ad un’agenzia investigativa per verificare, ed eventualmente provare, se l’ex lavoratore abbia svolto o stia svolgendo altra attività lavorativa remunerata, nonché per appurare il quantum dei redditi percepiti da quest’ultimo nel periodo successivo all’interruzione del rapporto di lavoro. Lo scopo per l’azienda sarà quello di determinare l’aliunde perceptum per poter tutelare i propri interessi in sede giudiziaria.

 

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