(Tribunale di Roma, Ordinanza 14 marzo 2023)

Il Tribunale di Roma, con ordinanza dello scorso 14.03.2023, ha rigettato il ricorso proposto dinanzi al Giudice della Seconda Sezione competente in materia di Lavoro e Previdenza, che richiedeva la reintegrazione sul posto di lavoro del lavoratore licenziato per motivo soggettivo, avendo lo stesso posto in essere ripetuti episodi di mancanza o irregolare prestazione lavorativa nell’arco di pochi mesi, accertati per il tramite dell’intervento di un’agenzia investigativa incaricata dal datore di lavoro.

Nello specifico, il reo lavoratore con qualifica di operaio responsabile di cantiere secondo il C.C.N.L. di categoria violava alcuni obblighi derivanti dal proprio contratto di lavoro come i doveri di diligenza e fedeltà, il mancato rispetto dell’orario di lavoro, l’abbandono della propria postazione lavorativa senza preavviso né giusta causa, svolgimento di attività strettamente personali durante l’orario di lavoro, uso di beni aziendali per scopi personali, infedeltà delle dichiarazioni rese relativamente alle modalità e tempistiche di svolgimento delle proprie mansioni, ecc.

Di seguito, quindi, il lavoratore impugnava tale provvedimento di licenziamento disciplinare (ex Legge 183/2010, cd. Collegato Lavoro) sollevando diverse ragioni tra cui anche l’illegittimità del controllo operato nei suoi confronti dall’agenzia investigativa su regolare mandato del datore di lavoro e la sproporzione tra la condotta illecita da lui posta in essere e la sanzione espulsiva effettivamente comminatagli.

Il Tribunale di Roma, però, in risposta a quanto sostenuto dal dipendente, con la citata e recente Ordinanza ha giudicato infondati i motivi del ricorso proposto, in primis riaffermando la legittimità dei c.d. “controlli difensivi” da parte del datore di lavoro, poiché questi vengono considerati leciti se eseguiti da un’agenzia di investigazione privata regolarmente incaricata dal datore di lavoro, al fine di accertare e/o individuare eventuali comportamenti illeciti dei lavoratori dipendenti, esulanti la normale attività lavorativa nonché atti ad incidere lesivamente sul patrimonio aziendale.

I controlli di specie, peraltro, devono comunque essere eseguiti nel rispetto e nei limiti stabiliti dagli artt. 3 e 4 dello Statuto dei Lavoratori. E infatti, il Giudice di merito, richiamando la consolidata giurisprudenza già pronunciatasi sulla questione, ha ribadito e spiegato che tali controlli sono legittimi proprio perché non hanno ad oggetto l’inadempimento della prestazione lavorativa o il corretto adempimento della stessa dedotta in contratto, bensì comportamenti illeciti extracontrattuali tali da minare il rapporto di fiducia quale fondamento del rapporto tra il datore di lavoro ed il proprio dipendente, e, inoltre che per procedere a tali attività di controllo per l’accertamento di specie in generale è necessario e sufficiente anche il solo e mero sospetto ovvero ipotesi che si stiano commettendo degli illeciti.

Altresì, l’organo giudicante ha reputato anche che il comportamento di specie, perpetrato dal dipendente e oggetto di discussione, abbia di fatto configurato una grave ed insanabile lesione del fondamentale vincolo fiduciario tra lavoratore e datore di lavoro, in quanto sono così venuti meno i doveri di diligenza e fedeltà.

Pertanto, nella fattispecie esaminata si è resa accessibile e legittima per il datore di lavoro leso la possibilità di irrogare il recesso dal contratto quale sanzione disciplinare, proporzionata al danno subito dalla propria azienda per mano del lavoratore.

 

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