È Lecito Il Controllo Investigativo volto alla Verifica dello Stato Di Malattia del Dipendente o della Insussistenza di una Situazione Idonea a Ridurne la Capacità Lavorativa

Cassazione Civile, Sezione Lavoro, 17 giugno 2020, n. 11697

Il tema si inserisce in un ambito molto delicato che coinvolge direttamente i rapporti che intercorrono tra datore di lavoro e lavoratore dipendente.

Il punto da cui partire, in ogni caso, è rappresentato dal vincolo fiduciario che deve legare queste due figure, in quanto la fiducia è senz’altro un fattore condizionante la permanenza del rapporto.

Inoltre, va ricordato che il vincolo contrattuale deve essere anche ispirato ai doveri di correttezza e buona fede nell’esecuzione del rapporto di lavoro, così come risultanti dal combinato disposto degli artt. 1175 e 1375 c.c.

Per affrontare in maniera compiuta la questione va premesso che le tutele previste dallo Statuto dei Lavoratori impongono taluni divieti al datore di lavoro, limitando di fatto la sua capacità di controllo sull’operato dei propri dipendenti.

Ci si riferisce, in particolare, all’art. 3 della Legge 20 maggio 1970, n. 300 – che riserva all’imprenditore e ai suoi preposti la vigilanza e il controllo sul comportamento che il lavoratore tiene nello svolgimento della propria attività – e all’art. 5 della medesima legge che vieta espressamente al datore di lavoro di effettuare accertamenti sull’idoneità e sulla infermità per malattia o infortunio del dipendente che, invece, è demandato ai servizi ispettivi dei competenti istituti previdenziali.

Da ciò discende, in primo luogo, che l’imprenditore può vigilare sull’attività lavorativa dei suoi dipendenti direttamente o mediante soggetti a questo preposti ma non ha facoltà di incaricare un’agenzia investigativa che effettui questo tipo di verifica, anche laddove la prestazione sia svolta al di fuori dei locali aziendali.

Quindi, un eventuale controllo occulto demandato dal datore di lavoro a un investigatore privato chiamato alla verifica della diligente esecuzione della prestazione lavorativa, sarebbe da considerarsi illegittimo così come sarebbe illegittimo, di conseguenza, un eventuale licenziamento disciplinare. (Cass. Civ, Sez. Lavoro, 11 giugno 2018, n. 15094).

Tuttavia, il suddetto divieto incontra dei limiti specifici, tanto che il controllo investigativo diviene legittimo se richiesto dal datore di lavoro per verificare comportamenti da cui possa derivare un’ipotesi penalmente rilevante o laddove sia necessaria una verifica sull’attività extralavorativa disciplinarmente rilevante, come può essere quella posta in essere in violazione del divieto di concorrenza ovvero il controllo sia finalizzato all’accertamento dell’utilizzo improprio, da parte del dipendente, dei permessi ex art. 33 Legge n. 104/1992 (Cass. Civ. 22 maggio 2017, n. 12810).

Detti controlli, quindi, per essere leciti, non devono sconfinare nella vigilanza sulla prestazione lavorativa vera e propria.

In secondo luogo, visto quanto disposto dall’art. 5 dello Statuto dei Lavoratori, all’imprenditore è di certo precluso qualsiasi controllo con finalità di tipo sanitario, direttamente legato all’accertamento dell’infermità per malattia o dell’infortunio occorsi al lavoratore.

È proprio sulla scia di tale divieto che si inserisce un’importante pronuncia di Cassazione con la quale, invece, è stato considerato lecito il controllo investigativo finalizzato alla verifica dello stato di malattia del dipendente o dell’insussistenza di una situazione idonea a ridurne la capacità lavorativa (Cass. Civ., Sez. Lavoro, 17 giugno 2020, n. 11697).

Il caso posto al vaglio della Suprema Corte riguardava il ricorso presentato da un lavoratore dipendente di una società al quale era stato intimato un licenziamento per giusta causa.

Nella fattispecie, il lavoratore aveva lamentato di essersi procurato un trauma contusivo con lesione lacero contusa mentre si allontanava in motorino dal cantiere presso cui svolgeva le mansioni di montatore di scavo e addetto all’assemblaggio di navi.

Del predetto infortunio, con trasmissione degli atti all’INAIL, il ricorrente aveva presentato certificazione medica di pronto soccorso nella quale gli veniva prescritto riposo assoluto per alcuni giorni.

Il datore di lavoro aveva deciso di ingaggiare un’agenzia investigativa per la verifica del comportamento extralavorativo tenuto dal dipendente, astrattamente rilevante sotto il profilo disciplinare.

Dalle indagini svolte dall’investigatore privato era emerso che il ricorrente, in realtà, invece di attenersi alla prescrizione medica, si era dedicato ad attività fisiche, pedalando per ore e camminando per il centro cittadino con il figlio sulle spalle.

Visto l’esito dell’investigazione svolta, il lavoratore era quindi stato licenziato per giusta causa.

La Corte di Cassazione, nel ribadire la legittimità del controllo svolto dall’agenzia investigativa per verificare l’esatto adempimento delle obbligazioni facenti capo al dipendente con riguardo a comportamenti tenuti al di fuori dell’ambito lavorativo rilevanti sotto il profilo disciplinare, ha inoltre precisato che, nel caso in esame, non si verte in ipotesi di controllo datoriale circa l’esecuzione della prestazione ma, piuttosto, nella verifica di un comportamento extralavorativo illecito, fondato sul sospetto dell’imprenditore in relazione al mancato svolgimento illegittimo della prestazione per insussistenza dell’incapacità lavorativa.

In tali casi, infatti, l’espletamento del controllo è giustificato dalla mera ipotesi che sia in corso di esecuzione un comportamento illecito del dipendente.

Fermo restando quanto disposto dall’art. 5 della Legge n. 300/1970, che impone al datore di lavoro di effettuare controlli sulle assenze per infermità solo mediante i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti, l’imprenditore può procedere ad accertamenti di circostanze di fatto dimostrative dell’insussistenza della malattia o della non idoneità di questa a determinare un’incapacità lavorativa, sempre che si pongano al di fuori delle verifiche di tipo sanitario.

Ne discende, pertanto, che al datore di lavoro è sempre precluso l’accertamento di tipo sanitario ma, al contrario, gli è consentita la verifica della riscontrabilità della malattia certificata dal dipendente o, comunque, la sua inidoneità a determinare un’incapacità lavorativa rilevante.

La Corte ha infine precisato che spetta al Giudice la valutazione circa la legittimità e congruità della sanzione inflitta rispetto al comportamento tenuto dal dipendente che nel caso di specie, deve considerarsi contrario ai doveri di correttezza e buona fede nell’esecuzione del rapporto di lavoro.

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