ASSISTENZA AI SOGGETTI PORTATORI DI GRAVE DISABILITA’

– I CONGEDI DI LAVORO STRAORDINARI –

 Inquadramento della normativa ed evoluzione giurisprudenziale

Le norme relative ai congedi straordinari, definiti dall’art. 42 del D.lgs 151/2001, così come quelle relative ai permessi retribuiti ex art. 33 Legge 104/1992, sono state pensate per fornire assistenza a soggetti portatori di disabilità gravi che, a causa della loro condizione, vivono situazioni di svantaggio dal punto di vista sociale, relazionale e lavorativo.

Tali previsioni normative possono considerarsi l’applicazione pratica del principio di uguaglianza contenuto in Costituzione che, all’art. 3, lo definisce secondo i due diversi concetti di uguaglianza formale e di uguaglianza sostanziale.

Il principio di uguaglianza formale, contenuto al primo comma, prevede la parificazione di tutti gli individui davanti alla legge, senza discriminazioni fondate su sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche e condizioni personali e sociali.

Sarà lo Stato, in ossequio al c.d. principio di uguaglianza sostanziale previsto dal secondo comma, a doversi adoperare per eliminare le predette discriminazioni creando, di fatto, le condizioni per una piena realizzazione dell’uguaglianza dei cittadini e della loro dignità sociale.

Pertanto, le norme statali poste a tutela dei soggetti portatori di minorazioni rappresentano la traduzione pratica dei dettami contenuti in Costituzione.

Infatti, tanto i permessi retribuiti disciplinati dalla Legge 104/92, quanto i congedi straordinari di cui al D.lgs. 151/2001 e successive modifiche ed integrazioni, sono istituti introdotti e pensati proprio per garantire l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti dei soggetti disabili in situazione di gravità.

Più nello specifico, i permessi retribuiti di cui alla legge 104/92 consentono ai disabili in situazioni di gravità, ai loro genitori (anche adottivi o affidatari), al coniuge, ai parenti e agli affini entro il 2° grado o 3° grado (qualora i genitori del soggetto portatore di disabilità o il coniuge abbiano compiuto i 65 anni, sia affetti da patologia invalidanti, siano deceduti o mancanti), di beneficiare di 3 giorni di permesso mensile dal lavoro, non cumulabili con quelli del mese successivo se non fruiti.

I genitori della persona portatrice di grave disabilità fino ai 12 anni, possono fruire alternativamente o di 3 giorni di permesso mensile o del prolungamento del congedo parentale previsto fino al compimento del 12° anno di età del bambino.

I congedi straordinari, invece, consistono in periodi di assenza dal lavoro, indennizzata nella misura della retribuzione percepita nell’ultimo mese, inizialmente descritti nell’art. 80 della Legge 388/2000, poi ripreso dall’art. 42 del D.lgs. 151/2001 (Testo Unico sulla maternità e paternità).

L’art. 42 ha esteso l’opportunità di usufruire del congedo al coniuge, ai genitori di persone con handicap grave e ai lavoratori conviventi con fratello o sorella con disabilità gravi, nel caso in cui i genitori siano venuti a mancare.

Nel corso degli anni, sia le norme statali che la giurisprudenza della Corte Costituzionale sono intervenute sul tema dei congedi retribuiti, rivedendo la disciplina in relazione agli aventi diritto e alle modalità di accesso all’agevolazione.

Più nello specifico, il D.lgs. 119/2011, pur confermando quali soggetti beneficiari del congedo straordinario il coniuge, i genitori, i figli e i fratelli e sorelle, ha fissato condizioni differenti di priorità di accesso.

Successivamente la Corte Costituzionale, con sentenza del 03 luglio 2013, n. 203, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5 D.lgs. 151/2001 nella parte in cui non includeva nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo, il parente o l’affine entro il 3° grado convivente, in caso di mancanza, decesso o presenza di gravi patologie invalidanti degli altri soggetti beneficiari, idonei a prendersi cura della persona con grave disabilità.

Ed ancora, a seguito dell’introduzione della Legge sulle Unioni Civili, la platea di beneficiari è stata estesa anche alla parte dell’unione civile convivente con il soggetto disabile, restando tuttavia escluse le coppie di fatto, ammesse alla sola fruizione dei permessi retribuiti ex art. 33 Legge 104/92.

Infine, sempre la Corte Costituzionale, con sentenza n. 232/2018 ha fugato alcuni dubbi circa il requisito della “convivenza”, interpretato dal Ministero del Lavoro come concetto applicabile a tutte quelle situazioni in cui, sia il disabile sia il soggetto che lo assiste, abbiano la residenza nello stesso Comune, stesso indirizzo e numero civico, anche se in interni diversi.

In particolare, la Corte ha spiegato che “il requisito della convivenza ex ante, inteso come criterio prioritario per l’identificazione dei beneficiari del congedo, si rileva idoneo a garantire, in linea tendenziale, il miglior interesse del disabile, tuttavia, non può assurgere a criterio indefettibile ed esclusivo, così da precludere al figlio, che intende convivere ex post, di adempiere in via sussidiaria e residuale i doveri di cura e di assistenza, anche quando nessun familiare convivente, pur di grado più lontano, possa farsene carico”.

Quindi, al figlio non ancora convivente, il congedo può essere concesso sul presupposto che la convivenza con la persona bisognosa della sua assistenza comincerà al momento dell’inizio del congedo, sempre che non vi siano altri familiari già conviventi in grado di prendersene cura.

A seguito delle suddette modifiche normative e agli interventi della Corte Costituzionale, allo stato attuale, gli aventi diritto possono fruire del congedo straordinario secondo il seguente ordine di priorità:

  • coniuge convivente/parte dell’unione civile convivente con la persona disabile in situazione di gravità;
  • genitori (anche adottivi o affidatari) della persona disabile in situazione di gravità, in caso di mancanza, decesso o presenza di patologie invalidanti dei soggetti di cui al punto 1);
  • uno dei figli conviventi con la persona disabile in situazione di gravità, nel caso in cui le persone di cui al punto 1) e al punto 2) siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti;
  • uno dei fratelli o sorelle conviventi della persona disabile in situazione di gravità nel caso in cui i soggetti di cui ai punti 1), 2) e 3) siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti;
  • un parente o affine entro il 3° grado, convivente della persona disabile in situazione di gravità, nel caso in cui i soggetti di cui ai punti 1), 2), 3) e 4) siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti;
  • uno dei figli non ancora conviventi con la persona disabile in situazione di gravità, nel caso in cui i soggetti di cui ai punti 1), 2), 3), 4) e 5) siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti.

La fruibilità del congedo straordinario è dunque condizionata al rispetto del suddetto ordine di priorità inderogabile, in ragione del quale solo la mancanza naturale o giuridica dei soggetti legittimati giustifica lo scorrimento verso i parenti o affini.

La giurisprudenza di merito, sul punto, ha infatti chiarito che la nuora di un soggetto bisognoso di assistenza potrebbe subentrate solo nel caso in cui i parenti più prossimi siano deceduti o totalmente inabili (Tribunale di Bari, 30/05/2017).

La legge ha quindi previsto la fruibilità dei congedi straordinari per i familiari di soggetto disabile grave, secondo l’ordine sopra descritto, non prevedendo però che il lavoratore disabile possa usufruirne per sè stesso.

A questi sarà invece consentito di usufruire del congedo per gravi motivi familiari che permette un’astensione dal lavoro biennale ma non retribuita.

Egli potrebbe godere del congedo straordinario solo se, a sua volta, dovesse assistere un familiare affetto da grave disabilità.

Va poi chiarito che, oltre al requisito della convivenza – intesa secondo l’interpretazione fornita dalla Corte Costituzionale – altro requisito fondamentale per la fruizione dei congedi straordinari è che la persona disabile non sia ricoverata a tempo pieno, a meno che non sia la struttura sanitaria a richiedere la presenza e vicinanza del familiare.

Inoltre, ai fini della fruibilità del congedo, è irrilevante che il disabile svolga attività lavorativa.

Infatti, è stato proprio il Ministero del Lavoro a precisare che la necessità di assistenza da parte del disabile, per il periodo in cui lo stesso svolge attività lavorativa, deve valutarsi caso per caso, in quanto stabilire a priori un limite alla fruizione del congedo si porrebbe in contrasto con le finalità proprie della normativa.

La condizione di handicap

La definizione di handicap ai fini della fruibilità del congedo e dei permessi retribuiti è contenuta nell’art. 3 della Legge 104/1992 che testualmente recita: “è persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione”. Tale condizione, però, va tenuta ben distinta da quella di invalidità.

Infatti, mentre l’invalidità consiste in una riduzione della capacità lavorativa, l’handicap consiste in uno svantaggio sociale conseguente ad un’infermità o ad una minorazione.

Pertanto, è indispensabile che la condizione di portatore di handicap in situazione di gravità venga certificata da apposita commissione medica che dovrà rilasciare la relativa certificazione entro 45 giorni dalla presentazione della domanda.

Nel caso in cui la commissione medica non rispetti questo termine la persona interessata potrà presentare certificato rilasciato dal medico specialista (“certificazione provvisoria”), il quale dovrà attestare la situazione di gravità e specificare sia la diagnosi sia le difficoltà lavorative, sociali e relazionali determinate dalla patologia.

Ovviamente il verbale che attesta la situazione di gravità è soggetto a scadenza e la persona sarà di nuovo sottoposta a visita di revisione. Se il verbale dovesse scadere è comunque possibile fruire del congedo anche nel periodo compreso tra la data di scadenza e la revisione.

La durata del congedo straordinario:

Il congedo straordinario è fruibile per la durata massima di due anni nell’arco della vita lavorativa, per ciascun lavoratore e con riferimento a ciascun soggetto disabile.

Lo stesso lavoratore, infatti, non ha mai la possibilità di raddoppiare il congedo, necessità che potrebbe verificarsi, ad esempio, se nel nucleo familiare sono presenti due soggetti disabili gravi.

In caso di pluralità di figli in situazioni di disabilità grave, quindi, il beneficio spetta per ciascun figlio sia pure nei limiti previsti e tenendo conto che tali periodi di congedo straordinario rientrano nel limite massimo globale spettante a ciascun lavoratore di due anni di congedo, anche non retribuito, per gravi e documentati motivi familiari.

Pertanto, un ulteriore periodo di due anni per altri figli in situazioni di disabilità grave è ipotizzabile solo per l’altro genitore, con decurtazione di eventuali periodi da questi già utilizzati a titolo di permessi per gravi e documentati motivi di salute.

L’aspettativa di due anni viene retribuita dall’INPS e da diritto al riconoscimento di “contributi figurativi” che, tuttavia, non hanno rilievo ai fini della maturazione di ferie, tredicesima e TFR.

Cumulabilità tra congedi straordinari e altri permessi

In linea generale, vige il c.d. principio del referente unico che impedisce di cumulare in capo alla stessa persona, per l’assistenza allo stesso disabile in situazione di gravità, sia permessi retribuiti ex art. 33 Legge 104/1992 sia congedi straordinari.

Unica eccezione è prevista per i genitori, anche adottivi, di figli disabili in situazione di gravità a cui viene riconosciuta la possibilità di fruire di entrambe le tipologie di benefici per lo stesso figlio anche alternativamente, fermo restando che nel giorno in cui un genitore fruisce dei permessi, l’altro non può utilizzare il congedo straordinario.

La fruizione di tali benefici deve intendersi alternativa, trattandosi di istituti rispondenti alle medesime finalità di assistenza al disabile in situazione di gravità.

Sempre in riferimento alla cumulabilità dei congedi straordinari con altre tipologie di permesso va precisato che:

  • il verificarsi per lo stesso soggetto di altri eventi che potrebbero giustificare l’astensione dal lavoro durante la fruizione del congedo, non ne determina l’interruzione;
  • gli eventi di malattia certificata e maternità consentono l’interruzione del congedo straordinario solo se non sono trascorsi più di 60 giorni dall’inizio della sospensione dal lavoro;
  • il congedo parentale e il congedo per la malattia del medesimo figlio disabile grave nello stesso periodo, da parte dell’altro genitore, è cumulabile con il congedo straordinario;

Nel caso in cui, invece, la persona richiedente il congedo straordinario si trovi in Cassa Integrazione Guadagni vanno distinte due situazioni: la prima riguarda il caso del lavoratore già in sospensione totale dal rapporto di lavoro,  il quale non potrà presentare richiesta di  congedo straordinario poiché già assente dal lavoro ad altro titolo; la seconda, riguarda invece il caso del lavoratore già in congedo straordinario, in quanto richiesto prima che l’azienda disponesse la cassa integrazione, che, invece, avrà diritto di essere indennizzato a titolo di congedo.

Abuso dei congedi straordinari e il ruolo dell’investigatore privato

Come visto, i congedi straordinari vengono concessi solo in presenza di determinati requisiti e per specifiche finalità, pertanto, ogni volta che il periodo di congedo accordato viene utilizzato per finalità che esulano da quelle specifiche di cura ed assistenza del disabile, si configura un’ipotesi di abuso.

In riferimento al concetto di “assistenza” la Corte di Cassazione ha avuto modo di chiarire che la stessa non deve essere resa 24 ore su 24 e che il lavoratore che usufruisce del congedo conserva, quindi, degli spazi di vita quotidiana e sociale.

Ciò che conta è che risultino complessivamente salvaguardati i connotati essenziali di un intervento assistenziale, che deve avere carattere permanente, continuativo e globale nella sfera individuale di relazione del disabile.

Va da sé, quindi, che non si configura automaticamente abuso se il lavoratore beneficiario del congedo dedica parte del proprio tempo ad attività avulse dall’assistenza al disabile (Corte di Cassazione, n. 5471/2016 e n. n. 29062/2017).

Al contrario, l’abuso sarebbe configurabile laddove l’assistente lasci solo il disabile ad esempio per andare a fare un viaggio o una vacanza, opportunità che invece restano consentite se il disabile viene portato con sé.

L’assistenza, infatti, deve essere organizzata in maniera tale da essere sempre garantita.

Nel caso in cui il datore di lavoro sospetti che vi sia stato un abuso del congedo straordinario, riferibile sia alla presenza dei reali requisiti per ottenerlo, sia alle modalità con le quali il tempo concesso viene speso, potrà disporre delle verifiche di controllo a tutela dei propri interessi.

A tale scopo, il datore di lavoro potrà rivolgersi ad un’agenzia investigativa per avviare un’indagine sul dipendente ritenuto o sospettato di infedeltà.

Si pensi ai casi in cui il datore abbia il dubbio che il disabile per il quale il lavoratore ha chiesto il congedo si trovi ricoverato in una struttura sanitaria, circostanza questa ostativa alla concessione del beneficio, oppure tema che il tempo concesso a titolo di congedo sia in realtà impiegato per fini diversi dalla cura ed assistenza del disabile.

In tali casi l’investigatore privato incaricato, acquisiti i dati e le informazioni primarie utili allo svolgimento delle indagini, avrà ampio spazio di azione e di intervento, potendo svolgere attività di osservazione del soggetto mediante pedinamenti o appostamenti che possano documentare la condotta che si intende accertare.

L’investigazione privata consentirà di provare un eventuale abuso e l’attività espletata verrà riversata all’interno di una relazione investigativa, supportata da documenti quali fotografie e/o videoriprese, comprovante l’attività espletata e i risultati ottenuti.

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